“Ti sei fatto male?”,“Tutto bene?” Le parole fanno la differenza

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Un gatto ha la sensazione di freddo e si sdraia al sole per scaldarsi. Poi sente un rumore, apre gli occhi e vede una lucertola. La fame lo fa alzare. Istintivamente si avvicina silenzioso e furtivo. Il corpo si irrigidisce prima di balzare sulla preda, che però, scappa e si infila in una fessura nel muro. Il gatto annusa, aspetta qualche secondo e poi il suo corpo si rilassa e lui torna a sdraiarsi al sole. Tutto questo in un flusso unico, in cui il gatto, guidato da sensazioni e istinto, vive ogni secondo di realtà nel suo presente.

Noi abbiamo un po’ perso questa capacità. Da quando l’uomo ha inventato il linguaggio, ci siamo talmente abituati ad utilizzarlo che ormai la nostra mente ci traduce costantemente con le parole la realtà che viviamo, aggiungendo o sottraendo dettagli e distorcendo avvenimenti. Praticamente, il linguaggio crea nella nostra mente un mondo simile all’esperienza “reale”, ma limitato dalle parole stesse che, per quanto varie, non possono rappresentare l’intera gamma di senzazioni ed emozioni che tutto il corpo sperimenta.

Parole ed emozioni

Ma non è tutto. La nostra mente, ci ha preso talmente tanto gusto ad usare il linguaggio, che spesso condisce le sue descrizioni della realtà con parole inutili, dettate da giudizi, paure e interpretazioni infondate. E il bello, o brutto, di queste parole è che hanno il potere di cambiare la percezione di quello che viviamo e proviamo, perché quando le parole descrivono la realtà ci fanno realmente vivere emozioni e sensazioni.

Ne sono esempi lampanti i libri, le poesie o i testi di certe canzoni. A volte influenzano i nostri pensieri e le nostre giornate, soprattutto se chi le ha scritte o pronunciate è qualcuno che riteniamo degno di stima e fiducia.

Il linguaggio che usiamo, insomma, non descrive soltanto il mondo: lo crea. Ogni parola che pronunciamo è una nostra scelta, inconscia o meno; una lente che evidenzia alcune sfumature della realtà e ne oscura altre. Questo vale ancor di più quando parliamo con i bambini, che stanno costruendo proprio in quel momento la loro visione del mondo e di sé stessi.

Il linguaggio plasma la nostra realtà

La realtà non è fatta solo di oggetti e azioni, ma anche di emozioni, sensazioni, intenzioni. Quando la traduciamo in parole, scegliamo quali aspetti mettere a fuoco. Secondo il celebre linguista e antropologo Benjamin Lee Whorf, la struttura del linguaggio influenza il nostro modo di pensare: ciò che possiamo nominare lo possiamo anche pensare, elaborare e integrare nella nostra esperienza.

Questa idea è oggi supportata da numerosi studi di psicologia e neuroscienze cognitive. Ad esempio, secondo l’Ipotesi di Sapir-Whorf, le lingue che possiedono parole più specifiche per certi stati emotivi (come il giapponese per il senso del dovere o l’italiano per varie sfumature d’affetto) permettono ai parlanti di riconoscerli e regolarli meglio.

Ecco perché anche domande come “Ti sei fatto male?” o “Tutto bene?” possono avere effetti molto diversi sulla percezione, sulle emozioni e sull’autonomia dei più piccoli.

Parlare ai bambini: perché le parole contano

I bambini imparano a dare un significato a ciò che provano proprio attraverso le parole che sentono dagli adulti. Se un bambino cade e l’adulto dice subito: “Ti sei fatto male?”, questi gli sta implicitamente suggerendo che dovrebbe sentirsi ferito o spaventato. Se l’adulto sdrammatizza eccessivamente e chiede: “Tutto bene? Dai che non è successo niente!”, gli sta suggerendo che non è lecito provare dolore.

E’ importante sottolineare che questo non è un gioco di sfumature retoriche o una raffinatezza: è educazione emotiva. Secondo Daniel Goleman, padre dell’intelligenza emotiva, i bambini che imparano a riconoscere e verbalizzare le proprie emozioni sin da piccoli sviluppano una maggiore resilienza, empatia e capacità di autoregolazione.

Parole che aprono o chiudono

Parlare bene ai bambini non significa “parlare in modo perfetto” o costruire frasi complesse. Significa scegliere parole che aprano alla curiosità, all’auto-esplorazione, alla consapevolezza, anziché chiudere con un’etichetta.

Confrontiamo alcune frasi comuni:

Frase chiusa (etichettante)Frase aperta (esplorativa)
“Non piangere, non è niente.”“Mi dispiace ti sia fatto male, vuoi che ci fermiamo un attimo?”
“Bravo!”“Wow, hai fatto tutto da solo! Com’è stato per te?”
“Sei sempre agitato, calmati!”“Sento che c’è tanta energia in te, vuoi dirmi cosa senti dentro?”
“Ti sei fatto male?” “Sei timida?”“Come va? Vuoi raccontarmi cosa è successo?” “Sono qui. Quando te la sentirai, potrai andare”

Naturalmente sono solo esempi, ma questo tipo di linguaggio aiuta il bambino a non identificarsi rigidamente con un giudizio (“bravo”, “agitato”, “timido”, “forte”) e lo incoraggia, invece, a mettersi in contatto con il proprio mondo interno. Si crea così uno spazio sicuro per l’autenticità e l’autonomia.

Il ruolo di adulti consapevoli

Genitori e insegnanti sono i primi modelli linguistici ed emotivi. Non serve essere perfetti o preparatissimi ad ogni evenienza, ma semplicemente più consapevoli: accorgerci di quello che diciamo, notare quando un’espressione chiude invece di aprire, e correggerci con gentilezza, verso i bambini ..e verso noi stessi.

Anche Maria Montessori sottolineava l’importanza di un linguaggio rispettoso e di un atteggiamento osservativo, che lascia al bambino il tempo e lo spazio per formare i propri pensieri e percezioni.

Educazione e linguaggio al Borgo dai Mille Colori

Al Borgo dai Mille Colori, già dall’Asilo Nido, ma anche nella Scuola dell’Infanzia e nella Scuola Primaria, crediamo che il linguaggio sia uno strumento educativo potente, capace di aprire spazi interiori o di chiuderli.

Per questo, il nostro approccio pedagogico si fonda su un uso consapevole delle parole, evitando etichette che rischiano di cristallizzare l’identità del bambino, limitandone l’esplorazione di sé.

I nostri educatori e educatrici si impegnano a porre domande aperte, ad accogliere le emozioni senza giudizio e a lasciare che il bambino elabori e dia significato alla propria esperienza.

Scopri di più sulla nostra Scuola, presente in zona Borghesiana a Roma.

Una pratica semplice per genitori

Per chi volesse provare a migliorare la propria consapevolezza di linguaggio, proponiamo una semplice pratica, utile solo a porre un po’ di attenzione in più alle parole che utilizziamo con i nostri bimbi.

La sera, prenditi cinque minuti per scrivere una frase che hai detto a tuo/a figlio/a durante la giornata e chiediti:

  1. Che effetto potrebbe avere avuto su di lui/lei?
  2. Era una frase che apriva o chiudeva? (esplorativa o etichettante?)
  3. Cosa avrei potuto dire in modo diverso per favorire l’ascolto o l’autonomia emotiva?

La volta successiva prova questa frase “alternativa” e osserva gli effetti. IMPORTANTE: Non si tratta di giudicarsi, ma di imparare ad ascoltare anche le parole che diciamo, per diventare modelli di comunicazione più rispettosa e consapevole.

I bambini non hanno bisogno di adulti perfetti, ma di adulti disposti a crescere insieme a loro, anche attraverso le parole.


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